Maigret - Una trappola di Maigret (2 Ed. Mondadori e Adelphi) by Georges Simenon

Maigret - Una trappola di Maigret (2 Ed. Mondadori e Adelphi) by Georges Simenon

autore:Georges Simenon
La lingua: ita
Format: mobi
Tags: narrativa, Maigret, giallo
editore: Bandinotto
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


6

La spartizione del completo grigioazzurro

«È quello giusto, stavolta?» aveva chiesto in tono beffardo Rougin mentre il commissario e Lapointe attraversavano il corridoio del Quai des Orfèvres insieme a Marcel Moncin.

Maigret si era fermato un istante, aveva girato lentamente la testa e aveva rivolto uno sguardo severo al giovane cronista. Rougin aveva tossicchiato, e persino i fotografi si erano dati una calmata.

«Si sieda, signor Moncin. Se ha troppo caldo, può togliersi la giacca».

«Grazie, ma ho l’abitudine di tenerla».

In effetti, si faceva fatica a immaginarlo in maniche di camicia. Maigret invece la sua se l’era tolta, dopodiché era andato nella stanza degli ispettori a impartire istruzioni. Con il collo incassato nelle spalle e un che di assente negli occhi, sembrava accartocciato su se stesso.

Una volta tornato nel suo ufficio si sedette, sistemò davanti a sé le sue pipe e, dopo aver fatto cenno a Lapointe di rimanere e registrare la conversazione, ne caricò due con cura metodica. Ricordava uno di quei pianisti che, prima di iniziare a suonare, si siedono con fare esitante sul loro sgabello, ne regolano l’altezza e poi iniziano a sfiorare la tastiera come per addomesticarla.

«È sposato da molto, signor Moncin?».

«Dodici anni».

«Posso chiederle quanti anni ha?».

«Trentadue. Mi sono sposato a venti».

Ci fu un lungo silenzio durante il quale il commissario si fissò le mani, che teneva appoggiate sulla scrivania.

«Lei è architetto?».

Moncin lo corresse:

«Architetto d’interni».

«Ciò significa, immagino, che lei è un architetto specializzato nell’arredamento?».

Il commissario aveva notato un lieve rossore sul viso del suo interlocutore.

«Non esattamente».

«Le dispiacerebbe spiegarsi?».

«Diciamo che non posso progettare un palazzo perché non possiedo una laurea in Architettura vera e propria».

«Che titolo di studio ha?».

«Ho cominciato studiando da pittore».

«A che età?».

«Diciassette anni».

«Ha comunque conseguito la maturità?».

«No. Ero ancora giovanissimo e già volevo diventare un artista. I quadri che ha visto in salotto sono miei».

Maigret non era stato in grado di capire, poco prima, cosa rappresentassero quei dipinti, ma se n’era sentito respinto, perché emanavano un che di triste e di malsano. Non c’erano tratti chiari né colori decisi. Il tono dominante era un rosso violaceo a cui si mischiavano certi strani verdi che facevano pensare alla luminosità degli abissi marini. Si aveva l’impressione che la pittura si fosse stesa da sola sulla tela, come una macchia d’inchiostro si espande su una carta assorbente.

«In poche parole, lei non è un vero architetto e, se capisco bene, chiunque può fregiarsi del titolo di arredatore».

«Apprezzo il modo cortese con cui mette i puntini sulle i. Vuole forse farmi capire che sono un fallito?».

Aveva sulle labbra un sorriso amaro.

«Ne ha tutto il diritto» proseguì. «Mi è già stato detto».

«Ha una clientela numerosa?».

«No, preferisco avere pochi clienti che hanno fiducia in me e mi lasciano carta bianca piuttosto che averne molti con cui dover scendere a compromessi».

Maigret svuotò la pipa e ne riaccese un’altra. Raramente un interrogatorio era iniziato con toni così smorzati.

«Lei è nato a Parigi?».

«Sì».

«In quale quartiere?».

Moncin ebbe un attimo di esitazione.

«All’angolo tra rue Caulaincourt e rue de Maistre».

Esattamente al centro dell’area in cui erano avvenuti i cinque omicidi e l’aggressione all’ausiliaria.



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